Prima Elaborazione anni 1974 - 1980
Revisione: Importanza della funzione biarticolare nell’ambito neurologico/ortopedico. La funzione biarticolare è da considerarsi più evoluta nel processo di integrazione corticale. L’esercizio in biarticolarità ha infatti caratteristiche peculiari estremamente importanti: obbliga il muscolo a dividere il suo impegno tra l’inserzione prossimale e quella distale; regola la percentuale di reclutamento tra i due elementi in rapporto alla richiesta ed alla necessità (funzione intelligente) attraverso un sistema a feed forward (modulazione corticale dell’azione); obbliga il muscolo a cambiare lunghezza e determina un mantenimento dell’elasticità che altrimenti verrebbe a perdersi. Il lavoro del muscolo in sinergia è estremamente più semplice: non deve “decidere” in quale percentuale separare il proprio reclutamento, ma concentra tutta la sua forza o sull’una o sull’altra inserzione (scarsa attivazione corticale); non modifica la sua lunghezza poiché nel momento in cui si accorcia da una parte si allunga proporzionalmente sull’altra inserzione. La biarticolarità ha la caratteristica di esprimere meno potenza della sinergia (reclutamento quantitativo), ma ci permette di organizzare funzioni di traslazione come il cammino (reclutamento qualitativo). Senza funzione biarticolare, segneremmo il passo.
Seconda Elaborazione anni 1974 - 1980
Revisione RMP: Il riuscire a muoversi nello spazio o non riuscirci è un indicatore importante delle capacità di reclutamento delle funzioni del tronco. Il tronco ha quattro funzioni fondamentali: le rotazioni che avvengono sul piano orizzontale; la flessione e l’estensione che si sviluppano sul piano sagittale; le inclinazioni che si attivano sul piano frontale. L’integrazione di queste funzioni base, organizza tutti i movimenti del tronco e permette di supportare la funzione degli arti inferiori nella deambulazione.
Terza Elaborazione anni 1978 - 1986
Con il sistema RMP viene introdotto il concetto delle “Progressioni Piramidali,” all’interno delle quali avviene una graduale variazione del rapporto tra ampiezza della base di appoggio e altezza del baricentro. Questo studio ha permesso di capire che ogni posizione del corpo nello spazio (prona, supina, laterale e verticale) ha una sua progressione nella piramidalità. Le varie posizioni, correlate tra loro nel strutturare la verticalizzazione, configurano un complesso piramidale che fornisce gli elementi per valutare il paziente nella stabilità, nella verticalizzazione e nel cammino.
Quarta Elaborazione anni 1990 a tutt’oggi
Con il gruppo di lavoro del già Dipartimento di Neurologia e Otorinolaringoiatria Sapienza - Università di Roma Servizio di Neuroriabilitazione, agli inizi degli anni ’90 è stato intrapreso una ricerca per stabilire in quale modo fosse possibile valutare la lunghezza muscolare. Questa ricerca, sulla base di studi di Neurofisiologia del muscolo, della elasticità muscolare e alla considerazione del muscolo come “organo di senso e di percezione”, è ancora a tutt’oggi oggetto di studi. Il parametro che determina la contrattilità muscolare è dato dal rapporto tra stato di partenza e stato di arrivo. Più ampio è il ROM, più potere contrattile ha il muscolo. Si è iniziato ad indagare sulle lunghezze muscolari e si è notato che nei pazienti neurologici sono sensibilmente alterate. Questo comporta che non solo un muscolo anelastico riduce il suo potere contrattile e quindi non conclude l’azione per mancanza di un adeguato accorciamento, ma che la carenza di allungamento riduce il movimento del suo diretto antagonista. Ha avuto quindi inizio una ricerca sulle lunghezze muscolari, che ha portato a conoscere e valutare un concetto riabilitativo, per alcuni aspetti, inesplorato. Si è strutturata una visione completamente nuova nell’approccio terapeutico, che ha ribaltato il concetto di “Potenziamento”, come ancor oggi viene così descritto il metodo PNF dalla letteratura internazionale. Il verificare che spesso il paziente non riesce a compiere un “determinato movimento” non per carenza di reclutamento, ma per mancanza di lunghezza della sua muscolatura ha fatto rivisitare l’approccio terapeutico. Imparare a valutare le lunghezze è stato quindi un lavoro fondamentale non solo per l’utilizzo degli “schemi motori Kabat” in modo diverso e non preso fino ad allora in considerazione. Questo intervento sulle lunghezze ha portato a conoscenza che si viene a ridurre sensibilmente la spasticità. Alcuni studi, hanno evidenziato che un muscolo lasciato in stato di accorciamento va incontro ad ipotrofia e perde capacità di generare forza in modo sproporzionato rispetto al grado di ipotrofia stessa. Sembra che le unità fasiche, per riduzione degli enzimi ossidativi, subiscano uno spostamento metabolico verso le caratteristiche dei muscoli tonici. Sarebbero perciò proprio i muscoli antigravitari i primi ad accorciarsi ed a contratturarsi, con conseguente perdita di elasticità e di forza sopratutto nella fase di accorciamento. Inoltre, anche le strutture fusali subiscono un'alterazione, specie le fibre a sacco, che porterebbero ad un incremento della sensibilità del fuso stesso. Questo significa aumento dell’eccitabilità al riflesso di stiramento; ma se il fuso si altera aumentando la sensibilità allo stiramento il SNC non potrà usufruire neanche di questo “meccanismo” alterato in quanto, dalla periferia, riceverà solo stimoli che facilitano ancora di più le risposte primitive sinergiche e prevalenti. Di conseguenza, da una parte, si avrà il SNC alterato con i riflessi miotatici esaltati, dall’altra un apparato muscolare retratto e più sensibile allo stiramento; i due fenomeni si potenziano reciprocamente creando un meccanismo a feedback positivo. Oggi il sistema RMP è utilizzato con una visione poliedrica sistemica mirata alla patologia specifica e non più come metodo PNF di potenziamento, indiscriminato e globale. Le manovre che ci permettono di valutare lo stato di lunghezza della muscolatura sono state studiate in modo tale da non permettere compensi: questo è determinante al fine di avere un misura oggettiva della lunghezza del muscolo testato. In letteratura non risultano scale di misura validate sulle lunghezze muscolari (Non presenti nel metodo PNF). La consapevolezza di quanta importanza abbia il ripristino dello stato della lunghezza nella muscolatura è evidente non solo nel trattamento del paziente emiplegico, ma anche nel trattamento della Sclerosi Multipla e della Malattia di Parkinson e di molte altre patologie neurologiche e ortopediche (in particolare nelle rachialgie). L’ultima elaborazione sugli allungamenti è stata definita Rielasticizzazione in quanto il termine Riequilibrio significa allungare il muscolo antagonista accorciato per poi permettere di reclutare il muscolo agonista debole. A volte però è il muscolo agonista stesso che prima di essere reclutato ha bisogno di essere allungato in quanto più che debole è anelastico e per dare una migliore risposta necessita di maggiore elasticità. Quindi l’approccio terapeutico rispetto alle PNF originali oggi è completamente rivoluzionato, l’azione terapeutica si dirige prima sulla valutazione delle lunghezze sia della muscolatura antagonista che agonista e solo in un secondo momenti si indirizza al reclutamento.
Quinta Elaborazione anno 2000 a tutt’oggi
valutazioni utilizzate dal sistema RMP sono quattro: